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Comunità Energetiche Rinnovabili: un’opportunità per diventare protagonisti della transizione ecologica
A cura di Enrico Vissio, Partner e Responsabile BU Energy di PRAXI
Diventare protagonisti della transizione ecologica, creando coesione e sviluppo nel territorio, è possibile attraverso la partecipazione ad una comunità energetica. La condivisione dell’energia prodotta da impianti a energia rinnovabile può avvenire attraverso l’unione di imprese, enti territoriali ma anche semplicemente di cittadini.
In Italia sono presenti almeno 30 comunità energetiche da fonti rinnovabili ed esperienze di autoconsumo collettivo, così come censito da Legambiente nel Report Comunità Rinnovabili 2021.
Che cos’è una comunità energetica? Una comunità di energia rinnovabile è un soggetto giuridico autonomo, cui si partecipa su base volontaria, controllato da azionisti o membri situati nelle vicinanze di impianti di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili appartenenti alla comunità e dalla medesima sviluppati.
Dal punto di vista normativo, la Direttiva (UE) 2018/2001 cd. “RED II” ha imposto agli Stati membri dell’UE di autorizzare la costituzione dei consumatori in autoconsumatori di energia elettrica rinnovabile assicurando un trattamento non discriminatorio e sproporzionato. In precedenza, nel settore residenziale e commerciale la condivisione di energia elettrica autoprodotta non era consentita, in quanto possibile solo in configurazioni particolari “da un produttore ad un consumatore”.
L’Italia ha iniziato ad anticipare il recepimento della direttiva RED II con il D.L. 162/2019 (cd. "Milleproroghe"), autorizzando l'attivazione dell'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e la realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili e individuando in fase transitoria le modalità di realizzazione e i relativi incentivi.
Per poter accedere ai benefici di una comunità energetica occorre possedere specifici requisiti e vi sono alcuni vincoli da rispettare:
- possono partecipare persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, enti di ricerca e formazione, enti religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale. Per i clienti finali, tuttavia, l’autoconsumo non deve costituire la principale attività
- gli impianti per la produzione di energia elettrica devono essere esclusivamente alimentati a fonti energetiche rinnovabili, essere entrati in esercizio successivamente al 15/12/2021 e ciascuno avere una potenza non superiore a 1 MW (in attesa dell’adozione dei provvedimenti del Ministero della Transizione Ecologica e dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ai sensi del D. L. 199/2021, sono ancora ammessi impianti entrati in esercizio dopo il 1/3/2020 e di potenza nominale fino a 200 kW). Inoltre, gli impianti possono essere dotati di sistemi di accumulo dell’energia elettrica, ma devono avere una dimensione minore al 30% della potenza complessiva della comunità.
- la condivisione dell’energia elettrica prodotta deve avvenire utilizzando la rete di distribuzione esistente, e le linee di bassa tensione (BT) devono essere sottese alla medesima cabina primaria di alta /media tensione (AT/MT) (tuttavia, in attesa dell’adozione dei provvedimenti del Ministero della Transizione Ecologica e dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ai sensi del D. L 199/2021, sono ancora ammessi impianti e consumatori sottesi alla medesima cabina di trasformazione MT/BT). Non è necessario modificare le reti di distribuzione interne ed esterne esistenti, in quanto il legislatore ha stabilito che la condivisione dell’energia deve essere virtuale.
Oltre agli attori individuati dalle norme - membri, produttore dell’energia elettrica e Soggetto Responsabile nei rapporti con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) - la comunità energetica coinvolge altri soggetti tra cui finanziatori, promotori della comunità e advisor tecnici, legali e fiscali.
Quali sono i benefici economici? Le fonti di remunerazione sono tre, di cui due legate ad aspetti normativi e una al mercato dell’energia.
1 L’esenzione dalle componenti tariffarie che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa
Il GSE riconosce per un periodo di 20 anni un corrispettivo unitario per ogni kWh condiviso pari alla somma della tariffa di trasmissione per le utenze in bassa tensione (7,78 €/MWh per l’anno 2022), e del valore più elevato della componente variabile di distribuzione per le utenze altri usi in bassa tensione (0,59 €/MWh per l’anno 2022). Nel caso di gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile collettivi è previsto un contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate (variabile a seconda del livello di tensione e del Prezzo Zonale Orario dell’energia elettrica).
2 Una tariffa premio erogata dal GSE
Il corrispettivo unitario per ogni kWh condiviso riconosciuto dal GSE per un periodo di 20 anni è pari a 110 €/MWh. Tale contributo si configura come un incentivo certo e costante per tutto il periodo di riferimento e decorre dalla data di entrata in esercizio commerciale dell’impianto.
3 L’energia non autoconsumata dalla comunità energetica può essere immessa in rete e valorizzata al prezzo di mercato
Contestualmente alla richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica, infatti, può essere attivato il servizio di ritiro dell’energia immessa in rete da parte del GSE.
Quali sono gli step di costituzione di una comunità energetica? È possibile individuare cinque fasi:
- identificazione di potenziali autoconsumatori di energia
- individuazione di un’area idonea
- creazione della comunità energetica come ente giuridico
- costruzione di un impianto FER (Fonti Energetiche Rinnovabili)
- richiesta di incentivi al GSE.
Le fasi di ricerca e aggregazione di membri, di individuazione delle aree di installazione degli impianti, dell’analisi di fattibilità tecnico-economica e finanziaria risultano sicuramente le più delicate.
I benefici della realizzazione di una comunità energetica non sono solo economici (incentivi, risparmio di energia elettrica), ma anche di impatto ambientale e sociale. Rispetto all’ambiente, infatti, essa consente di ridurre le perdite di rete e, di conseguenza, la dispersione di energia. Inoltre, diminuendo il consumo di fonti fossili, contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO2 e di climalteranti, garantendo la produzione di energia pulita.
La ripartizione dei benefici tra più soggetti, infine, ha anche un impatto sociale, in quanto consente la condivisione dei profitti economici e dei contributi del GSE, senza dimenticare che la creazione di una comunità energetica può rientrare fra i 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, contribuendo ad “Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni” (obiettivo 7) e a “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili” (obiettivo 11).